When I was first
Gli altri sono andati avanti, hanno proseguito con la loro 4×4 più adatta a questo tipo di tracciato. Mi avevano avvertito che l’avrei “scasciata”. In discesa, circondati da alberi di gelso, fra polvere e rami di arbusti con spine appuntite come taglierini, tento di fare meno danni possibili alla vettura affittata all’aeroporto di Lamezia Terme. Evito rocce appuntite e dislivelli non adatti alla struttura di una utilitaria. Già dopo pochi metri ho grattato il sottoscocca un paio di volte e strisciato un paraurti su una roccia, provvidenziale l’aver sottoscritto l’assicurazione contro ogni possibile danno. Uno spiazzo di terra battuta, decido di lasciare la vettura e proseguo a piedi.
Continuo a scendere. Il ponte sulla sinistra, sempre più alto, sospeso sulla valle che fa da letto al fiume Lao, qui al confine fra Basilicata e Calabria, fra Laino Borgo e Mormanno. Gli altri mi aspettano da una manciata di minuti, sono un gruppo di operai che hanno lavorato alla costruzione di questa imponente opera di ingegneria italiana: il ponte sul fiume Lao, il Viadotto Italia, il viadotto più alto d’Europa fino al 2004. Pasqualino, Giacomo, Fabio e Antonio hanno accettato di accompagnarmi alla base del ponte.
Antonio restava sospeso 10 ore al giorno sulla base del ponte in costruzione, era carreggiatore. Pasqualino segnalatore blondinista e Fabio topografo, mi mostrano i pilastri di una piattaforma sospesa nel nulla, la parte percorribile è andata distrutta. Serviva per portare i camion da una parte all’altra della struttura. Raccontano che nessuno voleva essere il primo a passarci sopra. Così una scommessa del capo cantiere, l’equivalente in denaro di un mese di salario e un camionista si fece venire il coraggio.
Costruito fra il 1968 e 1969, 1160 metri su 19 campate, sospeso nella parte centrale a 259 metri dal greto del fiume Lao, all’interno del parco del Pollino. A 90 km/h meno di quaranta secondi per percorrerlo.
Fabio ora è in pensione, con altri appassionati della valle ha dato vita ad una struttura per fare rafting attraverso le gole del fiume Lao. Per quaranta anni ha lavorato con la Lodigiani di Milano, l’azienda che si è occupata di costruire il Viadotto Italia, viaggiando e costruendo ponti e strade in tutto il mondo, anche in Libia e in Ghana ha lavorato.
La realizzazione dell’autostrada SA-RC per un decennio movimentò la realtà dei piccoli centri adiacenti al suo tracciato: fornitura di personale (tecnici, carpentieri, minatori, ecc.); fornitura di materiale e di alloggi. Questa strada senza pedaggio è stata guardata con speranza dal sud Italia, possibile nodo di scambio di merci fra il meridione povero, contadino e il nord delle fabbriche e della borghesia impiegatizia. I poli industriali che la strada avrebbe portato con sé non sono mai nati.
Quando era primo il Viadotto Italia, il futuro del nostro paese sembrava gravido di possibilità, prima dei ’70 e della fine dell’età delle grandi aspettative.